Chiudi col gas - Il gas dal mediterraneo orientale: come gettare benzina sul fuoco

Il gas dal mediterraneo orientale: come gettare benzina sul fuoco

5 Giugno 2023
Tempo di lettura : 3 min
5 Giugno 2023

 

Di EastMed si parla da più di dieci anni. Un gasdotto costruito sotto le acque del Mediterraneo Orientale che dovrebbe trasportare gas dalla costa israeliana a Cipro, proseguendo per Creta e dalla Grecia continentale collegarsi al gasdotto Poseidon per terminare in Italia, a Otranto. 

Sono previsti 2.000 chilometri di tubi sottomarini da Israele all’Italia, in alcune parti ad una profondità che raggiungerebbe i 3.000 metri, e trasporterebbe circa 10 miliardi di metri cubi di gas in Europa.

Visto come un’alternativa valida al gas Russo, il gasdotto rappresenta in realtà un pericolo sotto molti punti di vista e un investimento di risorse che potrebbero essere impiegate molto meglio.

 

Cosa è successo fino ad ora

Nel 2013, la Commissione Europea ha inserito EastMed nell’elenco delle infrastrutture energetiche strategiche dell’Unione europea e incluso nel piano RepowerEU. 

Il 2 gennaio 2020, i leader di Grecia, Cipro e Israele hanno firmato ad Atene l’accordo EastMed Pipeline. Il 19 luglio del 2020, il governo israeliano ha approvato ufficialmente l’accordo, consentendo ai Paesi firmatari di portare avanti i piani per completare il gasdotto entro il 2025.

Dopo un periodo di abbandono, dovuto anche alla contrarietà degli Stati Uniti, il progetto del gasdotto è stato ripreso come conseguenza delle tensioni diplomatiche tra UE e Russia causate dalla guerra in Ucraina. Lo scopo è quello di svincolarsi dall’acquisto del gas russo, sostituendolo con il gas proveniente dai giacimenti del mediterraneo orientale.

A marzo, il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha firmato un decreto di proroga dell’autorizzazione per l’avvio dei lavori di costruzione del gasdotto Poseidon: i lavori dovrebbero cominciare entro il 1° ottobre 2023 e terminare entro il 2025.

Il 17 maggio si è svolta l’audizione in commissione Esteri alla Camera dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, nell’ambito della discussione della risoluzione sulle possibili iniziative e interlocuzioni del governo italiano nei confronti dei Paesi aderenti al progetto EastMed-Poseidon.

 

Pericoloso per gli equilibri geopolitici

L’area del mediterraneo orientale è caratterizzata da numerose controversie territoriali e marittime.
Alla conflittualità ancora irrisolta tra Cipro e Turchia, si aggiungono le tensioni dovute al ritrovamento e alla competizione per lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e gas.

L’esclusione della Turchia dall’East Mediterranean Gas Forum (nato nel 2019) ha portato infatti a nuova aggressività turca nelle acque dell’Egeo. Il tracciato della sezione greco-cipriota dell’EastMed attraverserebbe zone marittime rivendicate dalla Turchia (esclusa dal progetto) che ha condotto operazioni di trivellazione in quelle acque. Il rischio di un peggioramento della situazione non può essere sottovalutato di fronte anche all’aumento delle spese militari di tutti i Paesi dell’area.

Inoltre, la firma definitiva del progetto è avvenuta in concomitanza con l’esplorazione turca dell’area e poco dopo la firma, nel novembre del 2019, dell’accordo sulla demarcazione dei confini marittimi tra la Turchia e l’allora Governo di accordo nazionale della Libia.

Per ora il governo cipriota ha recentemente declinato l’idea di una condotta sottomarina da Israele all’Italia attraverso le proprie acque. Resterebbe la sezione tra Tel Aviv e Nicosia e una “virtual pipeline” da Cipro all’Europa. Cipro si doterebbe di capacità di liquefazione per l’esportazione, il gas in arrivo sull’isola verrebbe liquefatto in impianti di nuova costruzione e quindi spedito in Europa via nave.

Tuttavia, il 24 maggio la commissione Esteri della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione, presentata dal vicepresidente Paolo Formentini (Lega), che impegna il governo “a continuare le opportune interlocuzioni con i Paesi coinvolti nel progetto EastMed per valutarne lo sviluppo nell’ottica di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, sulla base del contesto geopolitico internazionale e delle condizioni di fattibilità tecnica ed economica”.

 

Pericoloso per l’ambiente

Dal punto di vista ambientale, il gasdotto avrebbe ovviamente un’enorme impronta climatica a causa delle emissioni di anidride carbonica e metano, i due gas serra più pericolosi (dove il metano è 90 volte più dannoso dell’anidride carbonica). 

Il danno non deriverebbe solo dalle emissioni della combustione, ma da quelle dell’intero processo di produzione del gas naturale, lungo tutta la catena di estrazione, trasporto e stoccaggio. 

Come se non bastasse, oltre alla grave alterazione dell’ecosistema del mediterraneo dovuto alle emissioni, la costruzione stessa del gasdotto provocherebbe enormi danni anche ai fondali. L’infrastruttura verrebbe infatti posata sul fondale in aree molto importanti per l’assorbimento di Co2 nei sedimenti marini. Tutto questo implica l’aumento delle temperature e la conseguente sparizione di specie autoctone e l’invasione di specie aliene.

Considerando che il metano è il primo agente climalterante, continuare ad incentivare l’uso di gas serra, costruendo anche infrastrutture che hanno un impatto diretto sull’ambiente, significa accelerare e peggiorare il processo di riscaldamento globale.

 

Se vogliamo un’energia sicura, affidabile e pulita, i combustibili fossili non possono essere la risposta.

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